Sardegna: Le associazioni ambientaliste bocciano il Ddl Piano Casa

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La Sardegna è stata la prima regione in Italia a dotarsi di un Piano Paesaggistico ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Ebbene, oggi, il paesaggio sardo, costiero e interno, è sotto attacco. Edificazioni a pioggia e incrementi volumetrici indiscriminati minacciano il territorio regionale e la natura della Sardegna che possiede il più ricco e vario patrimonio di biodiversità in Europa. A prevedere un’indiscriminata colata di cemento è il Ddl “Piano Casa”, proposto dalla Giunta Regionale e che dovrà essere approvato dal Consiglio Regionale entro il 31 dicembre. Il testo in questione prevede nello specifico l’edificazione a pioggia nelle zone rurali e naturali (anche di pregio), incrementi volumetrici, fino al 50 per cento per le strutture turistico ricettive, lungo la fascia costiera tutelata dal PPR e perfino nei 300 metri dal mare (su questi ultimi, al momento, solo i recentissimi annunci a mezzo stampa del presidente della Regione fanno sperare in un passo indietro), cessione dei crediti e persino riapertura delle lottizzazioni convenzionate in zone F (turistiche), l’utilizzo edilizio residenziale di seminterrati e pilotis, la permanenza in spiaggia di strutture per la balneazione durante tutto l’anno (anche se alterano la bellezza dei luoghi). L’applicazione di tali misure produrrebbe il progressivo degrado paesaggistico ambientale del territorio, l’incremento della pericolosità idrogeologica, la perdita di valore (anche turistico) del territorio costiero ed interno.

È quanto tornano a denunciare Legambiente, Italia Nostra, WWF, Lipu e FAI – Fondo Ambiente Italiano in vista della riunione del Consiglio regionale sul Piano Casa prevista per mercoledì 23 dicembre. Le associazioni bocciano duramente il Ddl in questione sottolineando come il testo, oltre ad essere in contrasto con le recenti iniziative della Commissione Europea, vada a smontare sia la Legge Urbanistica 45/89 sia il Piano paesaggistico regionale del 2006, dando così manforte ad una colata indiscriminata di cemento in un territorio fragile e a rischio idrogeologico come ci ricorda l’alluvione che ha colpito lo scorso 28 novembre il comune di Bitti oppure il ciclone Cleopatra del 2013.  Ma a parlar chiaro sono anche i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale: circa 120.000 sardi sono residenti in aree a rischio medio di alluvioni e circa 42 mila edifici sono in zone pericolose; inoltre parti significative di territorio regionale sono esposte a potenziali pericoli di frana. Il Ddl Piano Casa però non pare tenere conto di questi dati visto che concede ulteriori volumetrie in maniera indiscriminata su tutto il territorio regionale. L’altro dato macroscopico e contraddittorio consiste nel fatto che la Sardegna è tra le regioni d’Italia con maggiore incremento percentuale di consumo di suolo in metri quadri di cemento e asfalto pro capite (ISPRA 2018): purtroppo il consumo risulta inversamente proporzionale al costante calo della popolazione.

Per le associazioni, che nei giorni scorsi hanno anche svolto un sit-in davanti al consiglio regionale, il Ddl Piano Casa è assolutamente inadeguato nel metodo, poiché si propone come ennesima misura tampone nelle more di una futuribile nuova legge urbanistica, e soprattutto nel merito, in quanto la sua applicazione determinerebbe una pericolosa inversione di tendenza nella complessiva strategia di salvaguardia territoriale e ambientale, inaugurata e disegnata dal Piano Paesaggistico Regionale del 2006, un testo coerente con gli attuali orientamenti di tutela nazionali, comunitari ed internazionali. Per Legambiente, Italia Nostra, WWF, Lipu e FAI il riferimento indiscutibile per la pianificazione territoriale deve essere il Piano Paesaggistico Regionale, formato in ottemperanza alla norma statale del Codice del Paesaggio e unico strumento valido di protezione del paesaggio, il cui livello di tutela non può in alcun modo essere ridotto unilateralmente, come chiarito da varie sentenze della Corte Costituzionale.

Le associazioni sono anche pronte a chiedere al governo, nel caso in cui la legge fosse approvata, l’impugnazione e a far ricorso alla Commissione Europea perché attivi una procedura di infrazione per il mancato rispetto della Direttiva sulla Valutazione Ambientale Strategica. Non è ammissibile prevedere incrementi volumetrici nei 300 metri dalla battigia e la riduzione del lotto minimo edificabile nelle campagne da tre ettari a un ettaro con possibilità di edificazioni anche ai non coltivatori diretti che provocherebbe uno sradicamento culturale e produttivo ed una aggressione speculativa nelle campagne.

La Sardegna ha l’urgente necessità di una norma regionale urbanistica unitaria per l’intera Sardegna – di una norma urbanistica quadro – che consenta l’integrazione tra zone costiere e zone interne. Una nuova normativa basata sulla reale salvaguardia del patrimonio ambientale e paesaggistico, in particolare degli ecosistemi sensibili quali le zone costiere e le isole minori. Occorre inoltre estendere il PPR all’intero territorio della regione ed è indispensabile interrompere il continuo e generalizzato consumo di territorio sviluppando politiche di maggiore utilizzazione delle strutture già realizzate, premiando le comunità che sapranno favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente e che limitano gli interventi edificatori (compresa la ricettività alberghiera) in prossimità dei centri urbani consolidati e distanti dalle aree costiere.

Ricordiamo che, solamente pochi mesi fa un tentativo illegittimo e maldestro della regione Sardegna di aggirare il Piano paesaggistico con una norma fantasiosa di “interpretazione autentica” del PPT è stata impugnata dal Governo dinanzi alla Corte Costituzionale. Ci auguriamo che anche questo tentativo di smantellare le tutele paesaggistiche e ambientali, nonché le più elementari regole del diritto e dell’urbanistica, avranno la medesima risposta negativa e dura dalle istituzioni nazionali.

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